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Into this city

mercoledì 14 dicembre 2011

AH, L'ARTE CONTEMPORANEA!

CORRIERE DELLA SERA

8 dicembre 2011


POLEMICHE FANNO DISCUTERE LE PAROLE DEL GALLERISTA E COLLEZIONISTA INGLESE CHE HA INVENTATO HIRST, KOONS E I FRATELLI CHAPMAN


Saatchi ci ripensa: «L' arte contemporanea? Mostruosa e volgare»
Star, critici e pubblico, non si salva nessuno L' insofferenza «Perfino un narciso come me trova ormai questo mondo imbarazzante» Il dubbio Si è davvero ricreduto o la sua è solo una manovra da abilissimo mercante?
I l gran teatro dell' arte? Intollerabile, mostruoso, volgare. A scrivere queste parole non sono i «soliti» Hughes, Clair o Fumaroli. Ma Charles Saatchi, ovvero il più influente e spregiudicato collezionista d' arte contemporanea. Il suo j' accuse - violento, inatteso - è stato pubblicato sulle colonne di «The Guardian». L' articolo - uscito lo scorso 2 dicembre - ha scatenato su vari blog reazioni contrastanti: condivisione e rifiuto. Si disegna uno scenario che ricorda da vicino le atmosfere di un divertente (e spietato) film di Cohn e di Duprat, L' artista . Secondo Saatchi, siamo storditi da ignoranza, da approssimazioni, da superficialità. Gli artisti: tendono a realizzare fotografie e installazioni «post concettuali incomprensibili». I collezionisti: oligarchi trendy e ricchi, che acquistano quadri per decorare le loro case lussuose, impegnati a servirsi dell' arte come di uno strumento di affermazione e di consenso sociale. I curatori: inadeguati e insicuri, incapaci di scegliere dipinti, abili esclusivamente nel presentare video oscuri, che vengono ammirati da altri curatori, «ugualmente insicuri». Sferzanti i rilievi anche sui critici e sui dealer : raggiungono alti «livelli masturbatori di autostima». E il pubblico? Affetto dal virus dell' intrattenimento, pensa le mostre come riti mondani: non tralascia di partecipare neanche a un vernissage, concentrandosi non su ciò che viene esposto, ma sulle chiacchiere e sul gossip. Il luogo dove si celebrano questi vizi è Venezia. Recarsi alla Biennale è come andare a St. Barts a Natale o a St. Tropez in agosto: un appuntamento obbligato per chi ama frequentare «un giro vertiginoso di glamour», passando da un party a un altro. Il dramma più profondo è che molti tra coloro che si occupano d' arte non hanno alcun senso estetico. Per decidere la qualità di un' opera, hanno bisogno dell' «approvazione» di qualcuno. Trascorrono intere giornate a blaterare, senza sforzarsi di «capire perché un artista è più interessante di un altro». Si resta interdetti. Autore di questa sorta di pamphlet giornalistico non è un critico autorevole e raffinato, né uno storico inattaccabile che guarda da lontano l' imbarbarimento della nostra epoca. Ma uno dei maggiori responsabili di questo stesso imbarbarimento. Chi è Saatchi? Un personaggio da romanzo di Bret Easton Ellis. Ebreo di Baghdad, cresciuto a Londra, privo di una formazione «seria», proprietario della più grande agenzia di pubblicità del mondo, ha scoperto l' arte per caso. In lui, vi è stata, innanzitutto, curiosità. E anche intuito, talento. E un istinto da giocatore di poker. Grazie a queste qualità, Saatchi ha inventato una nuova figura, che sta tra l' investitore e il cacciatore di tendenze. Dapprima, egli acquista Warhol, Serra, Kiefer, Koons. Poi, nel 1992, dopo il crollo della Borsa, decide di vendere le celebrities , e comincia un' attività di scouting . Visita gli studi di giovani artisti che vivono nell' East End. Scopre Damien Hirst, cui commissiona lo squalo messo sotto formaldeide. Nel 1992, da sapiente cool hunter , lancia il gruppo della Young British Art, di cui fanno parte futuri «maestri» come, oltre a Hirst, Tracy Emin e i fratelli Chapman. Ad accomunare queste voci è il ricorso a uno stile eccessivo, perturbante, talvolta respingente. Cinque anni dopo, si terrà alla Royal Academy di Londra l' esposizione-evento degli anni Novanta: Sensation . L' «artolico» - come Saatchi ama definirsi - non segue un metodo, né una strategia. Divenuto famoso per la sua riservatezza, non si fa guidare da consulenti. Mira a difendere indipendenza e autonomia critica. Si sofferma solo su ciò che gli piace. Per lui, l' arte è un modo per «concedere una pausa al nostro cervello, che riduciamo allegramente in poltiglia con i programmi e i film spazzatura che guardiamo». Non crede nelle gerarchie. È attratto da ogni forma di creatività, pure se «volgare». A volte, ha speso anche più dell' effettivo valore commerciale per aggiudicarsi un quadro o una scultura. «Arte chiama arte. Comprarne un sacco diventa un gioco da ragazzi; mi rovinerei tutto il piacere se la considerassi un investimento». E, ora? Il «malato di shopping artistico compulsivo» (come lo ha chiamato Hirst) fa mea culpa? Un onesto ripensamento? Saatchi è un maître à penser . Diversamente da tanti collezionisti e dealer , non si è mai adeguato alle regole del mainstream , ma ha orientato le opzioni e gli indirizzi del mercato. Nella riflessione uscita su «The Guardian», però, egli sembra comportarsi come un revisionista, che rilegge le sue posizioni e i suoi giudizi in maniera furba e strumentale. Egli parla da moralista, da anima bella. Finge di dimenticare, cioè, di essere stato tra i fautori della deriva modaiola e scandalistica dell' arte della nostra epoca, spesso trattata non come difficile costruzione linguistica, ma come prodotto da acquistare e da rivendere, sottoponendolo a disinvolte speculazioni. Rispondendo a possibili obiezioni, Saatchi afferma: «Fino a poco fa credevo che qualsiasi cosa potesse allargare l' interesse nell' arte contemporanea dovesse essere la benvenuta; soltanto uno snob elitario vorrebbe vederla confinata all' attenzione di pochi aficionados all' altezza. Ma persino un narciso egoista e spaccone come me trova questo nuovo mondo dell' arte profondamente imbarazzante». C' è da credere a questa confessione? In filigrana, si coglie furbizia. Ma l' articolo su «The Guardian» rivela anche una rara capacità nell' intercettare lo spirito del tempo. Con un misto di cinismo e di fiuto, Saatchi sembra alludere all' insofferenza sempre più diffusa nei confronti degli abusi delle post avanguardie. Implicitamente, si fa interprete del vento diverso che sta soffiando nel mondo dell' arte contemporanea. Stanno lentamente declinando gli sperimentalismi fini a se stessi: le facili trovate, gli choc immediati, le provocazioni effimere. Si avverte con forza il bisogno del ritorno a una nuova austerità, a un nuovo rigore. Si stanno ponendo le basi per la nascita di un' età dominata non più dall' improvvisazione, ma dalla serietà, dalla consapevolezza tecnica, dal saper fare. Sul «New York Times», Edward Docx ha scritto: «Stiamo entrando in una nuova era. Potremmo provare a chiamarla l' Età dell' autenticità. Vediamo un po' come andranno le cose». RIPRODUZIONE RISERVATA **** Il personaggio Charles Saatchi (1943, foto Art Tribune) aveva fondato con il fratello Maurice dell' agenzia pubblicitaria Saatchi & Saatchi. Allo stesso tempo, Charles Saatchi è considerato uno dei maggiori e più influenti galleristi e collezionisti del mondo (con la Saatchi Gallery di Londra). In particolare Charles Saatchi è stato sponsor del gruppo degli Young British Artist, da Damien Hirst a Tracey Emin.

(V. Trione)

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